Quando il piccolo (in tutti i sensi) Davide affrontò il gigante Golia, costui aveva contro tutte le regole di strategia militare, i pronostici ed anche buona parte della tifoseria di casa, troppo spaventata per permettersi anche solo di provare a sperare.
Quando – qualche ora fa – il “piccolo” Matteo Berrettini ha affrontato il gigante Djokovic, il primo ha avuto sì contro la maggior parte dei pronostici, ma dalla sua parte c’era il tifo di coloro che non smettono mai di sperare nei miracoli.
Purtroppo, come ben sappiamo, questa volta il piccolo Davide non è riuscito a battere il gigante, ma nonostante questo ha regalato agli spettatori qualche ora di bellissimo tennis, entrando comunque nella storia nostrana di questo sport: il primo italiano che sia mai arrivato alla finale di singolare maschile di Wimbledon.
Enzo Ferrari una volta disse: “Il secondo è il primo degli ultimi.”
Di contro, una frase erroneamente attribuita a De Coubertin recita il celebre motto “l’importante non è vincere, ma partecipare.”
Per riuscire a trovare un equilibrio tra le due affermazioni – chiamarle contrapposte è un eufemismo – bisogna avere spirito da funamboli e doti da campioni di triplo salto mortale con avvitamento.
Eppure, diciamo la verità, per qualche giorno, per alcune ore, abbiamo sognato ad occhi aperti.
Abbiamo accarezzato la speranza. Lo avremmo mai detto, alla partenza di quell’avventura? Avremmo mai osato anche solo immaginare che sarebbe potuta andare così?
Ecco, al di là della vittoria o della sconfitta, la capacità di sognare un traguardo che sembrava insperato è la vera vincitrice di questo pomeriggio di Wimbledon.
Riesce ad ergersi con orgoglio dinanzi a qualsiasi spietato realismo, fa orecchie da mercante a tutte le tipologie di pronostici logici e strategici.
Non c’è modo di tarparle le ali, nemmeno dopo aver perso, perché intanto ha lasciato in bocca quel retrogusto che sa di speranza, di volo spiccato, di esultanza anche solo accarezzata con sguardo, mente e cuore.
Ma soprattutto ha lasciato in dote un regalo che non tutti sanno sempre apprezzare: l’idea che quest’oggi non sia un punto di arrivo, ma un bellissimo ed emozionante punto di partenza.
Grazie, Matteo Berrettini!
Articolo tratto da Sulla strada di Emmaus.